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domenica 30 settembre 2012

CONSIGLI SULLA PICCOLA EDITORIA 3 (SETTEMBRE)

Dopo un Agosto non esaltante, ritorno con tre libri poco conosciuti ma di buon valore.



NEL FANGO DEL DIO PALLONE - CARLO PETRINI: (GENERE - sportivo/biografico/drammatico, EDITORE - kaos edizioni, ANNO - 2000, PAGINE - 195, VOTO - 8)

Tra i tre libri che proporrò questo è quello che ha venduto certamente di più ed è stato pubblicato da una casa editrice non certo microscopica, però, nonostante le discrete vendite (è stato ristampato più volte, l'ultima nel 2010) e l'importanza delle parole scritte, è stato boicottato dai più grandi media televisivi e della carta stampata. Chi ha letto le pagine autobiografiche di Petrini (buon giocatore degli anni '70) non sarà rimasto sorpreso dagli scandali calcistici di questi anni. In queste 196 pagine c'è tutto: soldi, donne, doping, partite combinate. Questa è la dimostrazione che tutti avrebbero potuto scoprire in anticipo il fango che regna nel mondo del calcio, ma a volte il vecchio motto: Lontano dagli occhi, lontano dal cuore ha il sopravvento (sopratutto se è aiutato scandalosamente dal silenzio di TV e giornali). Lo consiglio agli appassionati di calcio, che dovrebbero essere i primi a pretendere un sport più pulito.
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INFERNO 17 - DAVIDE CASSIA: (GENERE - Thriller, EDITORE - XII, ANNO - 2007, PAGINE - 263, VOTO - 7)

Davvero un buon thriller d'odor paranormale questo di Davide Cassia che mette in scena una storia niente male, condita da un finale a sorpresa davvero ben orchestrato (anche se non impossibile da prevedere). L'intreccio è buono e la storia si divide in diversi binari: in una c'è un ispettore di polizia (alla Callaghan, per capirci) che indaga su strani e misteriosi omicidi seriali. Nel secondo (il più riuscito, senza alcun dubbio), l'infermiere Paolo Montale è pagato profumatamente soltanto per sorvegliare un paziente sfigurato e in coma vigile (Qualche brivido garantito). Nel terzo si assiste alla follia del serial killer, forse un po' troppo stereotipato. Ma quale moderno serial killer letterario non lo è?
I patiti del thriller apprezzeranno.
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GIOIE E SAPORI . SERGIO ORICCI: (GENERE - Horror/Surreale, EDITORE - I sognatori, ANNO - 2011, PAGINE - 107, VOTO - 9)

"Fosse nato in qualche altro paese europeo o negli Stati Uniti, Sergio Oricci avrebbe sfondato di sicuro." Questo è quello che ho pensato appena finita l'ultima pagina di Gioie e sapori, Un romanzo di difficilissima collocazione: Un po' horror, un po' comico, molto grottesco. Il personaggio di Corrado Pratt, gestore del negozio di dolciumi del piccolo paesino di Boccamare di Sotto, deve qualcosa al Leland Gaunt di Cose preziose (Uno dei migliori romanzi di Stephen King. Se non lo avete ancora fatto, leggetelo), ma se ne discosta abbastanza da vivere di vita propria. Il romanzo inizia in maniera leggera, come è leggera l'aria che si respira normalmente nei piccoli paesini di provincia tipo Boccamare. Poi qualcosa cambia, la tranquillità si trasforma in una sarabanda di sangue e follia, per terminare in un finale che più cupo non si può (dico sul serio, nel finale Oricci dimostra una maestria rara). 
Per concludere faccio i miei complimenti all'autore (al suo primo romanzo, tra l'altro) e alla casa editrice: I sognatori, che ho già nominato varie volte in questo blog e che comincio ad apprezzare davvero tanto.
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NB: Oggi 28/06/2013 il libro risulta esaurito. Se, come penso, ci sarà una ristampa vi farò sapere.

Dallo stesso autore: Fame

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PS: Vista la difficoltà di reperire libri di piccole case editrici di qualità e visto che leggo anche altro, d'ora in poi la rubrica sarà bimestrale a tutti gli effetti. Quindi ci vediamo a fine Novembre.

martedì 18 settembre 2012

BATTLE ROYALE - KOUSHUN TAKAMI

Edito (in Italia) da Mondadori nel 2009 - Uscito in Giappone nel 1999


Immaginate la filosofia di 1984 ambientata nella location de: Il signore delle mosche e condito con un tocco action-pulp americano.
In questo romanzo Takami non inventa nulla, ma ha la capacità e l'intelligenza di creare una storia di suspance tale da diventare l'autore più venduto nel paese del sol levante.
La storia è effettivamente allettante: Ogni anno, in un Giappone di stampo Orwelliano (Repubblica della grande Asia) una classe di terza media viene portata con l'inganno in un luogo isolato e, gli studenti, costretti a uccidersi tra loro,  finché non ne rimarrà uno solo (Highlander? ;) ). I ragazzi potranno tenere i loro effetti personali e avere una razione di acqua e viveri, più un'arma sorteggiata a caso (si va dai fucili d'assalto alle freccette da pub). In più dovranno indossare un collare che fornirà ai militari di guardia la possibilità di seguire sempre le loro mosse e controllare il battito cardiaco. Se qualcuno cercherà di ribellarsi o di scappare, il collare verrà fatto esplodere senza pensarci due volte.

L'autore ha il merito di riuscire a tessere bene la storia che vede una moltitudine di personaggi interagire tra loro (ci sono 42 studenti). Qualcuno si alleerà, altri combatteranno con gusto (affascinante, la bella e tremenda Mitsouko Souma), altri ancora si rifiuteranno di combattere e si lasceranno morire. Uno dei segreti del successo è proprio questo: tanta gente non è abituata (per fortuna) a leggere di uccisioni di ragazzini, meno che mai in un romanzo di fantasia. Quindi Takami è riuscito a toccare le corde morbose della gente attirata dalla novità. (Con questo non intendo dire che sia solo una sorta di speculazione commerciale sulla violenza gratuita. La storia vale il prezzo dell'acquisto).

La psicologia dei personaggi è molto ben descritta, alcune parti del romanzo sono un po' lente, ma questo fa parte dello stile giapponese (guardatevi un film "Made in Japan" e capirete cosa intendo). In Europa, sopratutto in Italia si è incominciato a parlare di questo Battle Royale soltanto dopo l'uscita del discreto film omonimo, ma ancora non ha avuto il successo che merita.

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martedì 11 settembre 2012

GRANDI FILM SOTTOVALUTATI (17) - ACAB

ACAB - All Cops Are Bastards
Anno: 2012
Genere: Drammatico
Provenienza: Italia/Francia
Regia: Stefano Sollima

La complicata vita, privata e lavorativa, di quattro celerini romani alle prese con una città degradata e squallida, dove la verità e la giustizia non hanno un indirizzo certo.
Tratto dall'omonimo e già meraviglioso libro-inchiesta di Carlo Bonini.

Rabbia, tanta tanta rabbia in questo film di Sollima che descrive una Roma malata e violenta (e purtroppo reale, visto che molte delle vicende narrate provengono da veri fatti di cronaca). Quello che ho già detto per il libro vale anche per il film. 
La giustizia non è di questo mondo e la violenza rappresentata innesca una spirale senza fine dove tutti risultano sconfitti. Poco importa se si tratta di poliziotti, immigrati, fascisti, ultras o chiunque altro... Pedine, sono tutte pedine in una scacchiera più grande di loro e manovrata dalle vera forza del male, quella politica che, più di ogni altro, ha le mani macchiate di sangue e la coscienza uccisa dalla sete di potere.

Il film è uno spettacolo per gli occhi e tutto funziona a meraviglia. Uscito poco prima di DIAZ - Dont clean up this blood, questo ACAB lo supera sotto ogni frangente, sopratutto per quanto riguarda la recitazione (Comunque anche DIAZ è un bel film). Negro, Mazinga e Cobra, interpretati rispettivamente da Nigro, Giallini e Favino sono personaggi estremamente realistici e credibili in questo mondo che sembra ogni giorno più violento e grottesco. Il giovane celerino Adriano (un bravissimo Domenico Diele) riesce a incarnare benissimo la figura del coatto di strada che sotto sotto è rimasto un puro.

Alcune scene sono memorabili: L'iniziazione di Adriano, I delinquenti rumeni costretti dai protagonisti a ripulire il parchetto, la citofonata all'immigrato irregolare, il monologo di Cobra in tribunale, lo sfogo di Nigro davanti al parlamento ("Quando la gente vié qua che ve vole menà per tutti i soldi che je rubate, allora me ce volete qua sotto a paravve er culo!"), il pestaggio dei fasci, il finale (per quanto impossibile nella realtà) entrano nella mente dello spettatore per non uscirne più. Ed è giusto che non escano, la gente deve imparare a capire che nella vita non esiste soltanto il bianco e nero, c'è anche il grigio. Tante sfumature di grigio dove è impossibile capire chi sia dalla parte del bene. Sempre ammesso che il bene esista.

Alla sua uscita, il film incassò poco più di 5 milioni di Euro, rientrando per poco nelle spese. Molto male per quella che ritengo, la più intelligente pellicola drammatica italiana degli ultimi 10 anni.

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domenica 9 settembre 2012

GRANDI FILM SOTTOVALUTATI (16) - THE MIST

THE MIST
Anno: 2007
Genere: Horror/Drammatico
Provenienza: USA
Regia: Frank Darabont

In una cittadina del Maine, un gruppo di persone si barrica in un supermercato per difendersi da mostruose creature che proliferano in una strana nebbia innaturale: il padre di famiglia David Drayton (Thomas Jane) organizza le difese, ma la fanatica religiosa Mrs. Carmody (Marcia Gay Harden) è altrettanto pericolosa degli aggressori.
(Da: Dizionario dei film 2011 Merenghetti).

Darabont ormai c'ha preso gusto a trasformare gli scritti di Stephen King in pellicole (Il miglio verde, Le ali della libertà) ma, mentre le pellicole citate hanno avuto giustamente una gran fortuna al botteghino, questo The mist ha ricevuto un'accoglienza molto meno calorosa.
La colpa è forse da ricercare nel fatto che, quasi in contemporanea, erano usciti già film apocalittici di maggior risalto mediatico: La guerra dei mondi - E venne il giorno - Cloverfield... sono i primi che mi vengono in mente. Tutti comunque inferiori a quest'ultimo. (La guerra dei mondi poi, è stato letteralmente vergognoso).

Di sicuro questo adattamento a un racconto lungo di King, tratto dall'antologia: Scheletri del 1981 non ha colpe specifiche, anzi, lo ritengo uno dei migliori horror post 2000. Non che non abbia punti deboli, in particolare gli effetti speciali in computer grafica non sono affatto... "speciali", però è impossibile non farsi prendere dalla storia ideata dal "Re del brivido" e riadattata con (pochi... a parte il finale) cambiamenti dallo stesso Darabont a livello di sceneggiatura.
Gli attori fanno un ottimo lavoro, in particolare la fanatica religiosa interpretata dalla bravissima Harden che riesce a essere più pericolosa e infida dei tanti mostri fuori dal supermercato. Da un punto di vista psicologico è interessante vedere come una donna da sempre creduta pazza e sbeffeggiata, riesca ad assumere rispetto e potere non appena gli uomini si trovano davanti a un problema che sembra impossibile o insormontabile (farò un esempio un po' ardito... vi ricorda niente la Germania a cavallo tra gli anni '30 e '40?). 
A confrontarsi con lei e i suoi seguaci saranno un manipolo di uomini e donne (partigiani?) che avranno vita molto dura. A peggiorare le cose c'è il fatto che quasi tutto il film si svolge dentro quattro mura, aumentando il disagio e la paura di essere "colpiti nel sonno", sia dai mostri fuori che dai nemici dentro.

Non voglio fare spoilerare alcunché, ma vi assicuro che il finale sarà un vero pugno nello stomaco per molti. Tra l'altro non è il finale che lo stesso King aveva ideato, ma alla fine persino il famoso scrittore del Maine l'ha definito "migliore". (Cosa piuttosto strana, visto che è storica la sua incazzatura nei confronti di Kubrick quando il regista cambiò il finale di Shining). 
Non so se il finale di questo film sia migliore di quello del romanzo (anche se propendo per il sì), di certo è più coraggioso e tetro. Forse è anche questo uno dei motivi del parziale insuccesso della pellicola. La maggioranza del pubblico vuole sentirsi sicuro con i suoi bei film "precotti e digeribili". Raramente premia chi vuole andare un po' più in la e offre una pietanza, sicuramente più saporita, ma che rischia di far passare una nottata a rigirarsi nel letto in preda agli incubi... a meno che non si abbia uno stomaco di ferro.

Che altro dire... Consigliato a chi preferisce l'osteria al McDonalds. ;

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sabato 8 settembre 2012

LA FABBRICA DELLE VESPE - IAIN BANKS

Edito da Meridiano Zero nel 2012 - Storia scritta nel 1984 e pubblicata precedentemente in Italia da: Fanucci Editore (1996), Ugo Guanda Editore (2000), TEA (2001)

A fine agosto non ho pubblicato la mia (ormai) consueta rubrica sui romanzi di giovani scrittori sconosciuti ma promettenti. Questo perché, a volte, se un autore è sconosciuto, ci sono dei giusti motivi. Io comunque non demordo e spero di sfoderare qualche titolo interessante per fine settembre ;). 
A risollevare il mio fiacco agosto letterario, ci ha pensato lo scozzese Iain Banks con il suo romanzo più famoso: La fabbrica delle vespe. 
Ora, io sono andato in Scozia e posso assicurarvi che la popolazione indigena ha un aspetto burbero, quasi arcigno, eppure sono tra le persone più gentili e disponibili che abbia mai conosciuto. (Gente che bada ai fatti, non alle apparenze... il mio tipo di persone preferite). Dico questo perché ogni volta che prendo tra le mani un romanzo proveniente dalla tranquilla e bellissima Scozia, mi ritrovo alle prese con una storia ai limiti, piena di violenza, sangue e una dose così massiccia di umorismo macabro da costringermi a interrompere spesso la lettura.
Non dico per dire, La fabbrica delle vespe non è un romanzo per gente impressionabile (meno che mai per animalisti impressionabili). Il protagonista della storia è Frank Culdhame, diciassettenne che vive con il padre (ex hippie eccentrico e zoppo) in una minuscola isola collegata da un ponte alla terraferma. 
Frank gestisce quella piccola lingua di terra come se fosse il suo impero personale e, proprio come un imperatore, organizza guerre e raid punitivi contro chi tenta di togliergli la leadership del suo regno, in particolare il mare e i conigli (!), la sua vita è scandita da complessi rituali plasmati da una personalissima religione primitiva fatta di simboli e feticci (una pacchia per gli psicologi, non c'è che dire). Frank odia tutto e tutti, a esclusione di Jamie, un nano con cui si ubriaca ogni fine settimana in un pub della terraferma.
Ancora più pazzo di lui è Eric, un maniaco incendiario evaso dal manicomio e ora in fuga per la Scozia, ma con la voglia di tornare anche lui sull'isola.

Nelle poco più di duecento pagine del romanzo troverete di tutto: infanticidi, maltrattamenti, torture, narrate da Frank come se fossero le cose più normali del mondo. Ecco, la cosa che più colpisce de La fabbrica delle vespe non quello che succede, ma come viene raccontato.
Tra l'altro Banks è un ottimo narratore e, se avete un po' di pelo nello stomaco, non potrete non apprezzare la sua penna, semplice ma allo stesso tempo estremamente ricercata.

PS: Finale a sorpresa molto ben riuscito.

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venerdì 7 settembre 2012

GRANDI FILM SOTTOVALUTATI (15) - THANK YOU FOR SMOKING

THANK YOU FOR SMOKING
Anno: 2005
Genere: Commedia
Provenienza: USA
Regia: Jason Reitman

Nick Naylor (Aaron Eckhart) è un lobbista per le industrie del tabacco, pagato per contrastare a suon di menzogne e trovate spettacolari il senatore Ortolan Finistirre (Macy), che vuole mettere un teschio sopra ogni pacchetto di sigarette. Naylor, rapito da terroristi antifumo e compromesso da una giornalista (Holmes) che usa il suo fascino per strappargli la notizia di un accordo segreto con Hollywood per far fumare gli attori durante le scene più importanti, riuscirà a rimanere a galla ?
(Da: Il dizionario dei film Merenghetti - 2011)

Ottima opera prima del regista canadese Reitman, che porta sul grande schermo l'omonimo romanzo di Christopher Buckley.
Il successo nelle sale fu poco più che tiepido. Peccato. Visto il mortorio che governa la commedia americana negli ultimi anni (parlo di bella commedia), questo film avrebbe meritato incassi ben maggiori.

Fare un film sulle sigarette non è una cosa molto facile oltreoceano, visto che li il problema è molto più sentito rispetto alla vecchia Europa (Ricordo che negli USA, in certi casi è proibito fumare persino nelle piazze e nei parchi pubblici). Eckhart si destreggia in maniera ineccepibile nel ruolo e la sua faccia da schiaffi è quasi ipnotica,  quello che dice poi: "Poche persone sanno cosa vuol dire essere completamente disprezzati. Ma chi può biasimarle? Io mi guadagno da vivere rappresentando un'organizzazione che uccide 1200 esseri umani al giorno. 1200 persone. Stiamo parlando di due jumbo stracarichi di uomini, donne e bambini. Praticamente c'è Attila, Genghis Khan... e io, Nick Taylor, il volto delle sigarette, lo zio Sam della nicotina."  
Da antologia, anche le scene dove Taylor pranza con i lobbisti delle armi e dell'alcool. Per non parlare di quella dove riprende una bambina che gli dice che, secondo la madre, le sigarette uccidono: "Tua madre è medico? Fa ricerca scientifica, magari? No? Beh, allora non si può dire che sia un'esperta credibile. Non ti pare?" La cosa assurda è che, da un punto di vista strettamente tecnico, non gli si può dar torto. 
Ma è tutto il cast a fare un lavoro eccellente; persino la (per me) scarsissima Katie Holmes si impegna al massimo delle sue forze nel ruolo della giornalista stronzetta e arrampicatrice (forse perché lo è nella realtà? 
Non lo so e non mi importa, resta il fatto che è troppo sopravvalutata). 

L'argomento principale del film, toccato con sapiente cinismo da Reitman, resta la libertà di parola e di espressione. Nella patria della libertà (USA) è giusto poter difendere persino il diavolo-tabacco... o no? E' più nel giusto una persona che difende una cosa che sa nociva per la salute, oppure chi tenta di metterlo a tacere senza dargli la possibilità di replicare?
Sembra un'ovvietà, ma non lo è.
Un po' fuori luogo mi è sembrato il rapimento da parte dei terroristi anti-tabacco. Certo, era un modo per spiegare che spesso (anzi, sempre) il fondamentalismo è più dannoso di ogni altra cosa, anche quando si pensa di far del bene. Però per dimostrare questo sarebbe bastata la figura del Senatore Finistirre, tanto attento al problema fumo, quanto disattento al problema obesità. Ecco, questo è un altro importante tasto dolente che il film sfiora (e che forse avrebbe dovuto toccare maggiormente): perché è socialmente accettato cazziare una persona, magari sconosciuta, che fuma ed è invece visto come maleducazione fare la stessa cosa con uno che si riempe di cibo ipercalorico in qualche fast-food? Un'arteria bloccata dal grasso è meno grave di un polmone annerito dal fumo? Punti di vista, credo.

In ogni caso consiglio questa commedia sveglia e dissacrante, ancor più perché è stata girata da un regista agli esordi come Reitman che si ritrova tra le mani un ottimo cast. (Perché in Italia questo non succede? Magari avrà agganci in alto anche lui, ma almeno il suo lavoro lo sa fare. Da noi invece ci si limita agli agganci).

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