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lunedì 23 settembre 2013

LA CAVALCATA DEI MORTI - FRED VARGAS

Pubblicato in Italia da Einaudi nel 2011

Dalla quarta di copertina: Ordebec, Normandia. Un uomo, un vecchio cacciatore, scompare misteriosamente. Una donna, una madre in ansia, chiede aiuto al commissario Adamsberg. Seguendo gli inspiegabili indizi e senza fermarsi alle apparenze, Adamsberg arriva a una storia che sembra scaturire dal medioevo. C'è un cadavere nei boschi, su un sentiero dove da mille anni i prescelti vedono passare la Schiera furiosa. Ovvero la cavalcata dei morti, un'armata di cavalieri spettrali in cerca di anime nere da trascinare via, lontano dal mondo dei vivi che non è stato in grado di punire i loro delitti. Una giovane, la luminosa Lina, ha visto la Schiera. E' solo una visionaria, o le foreste normanne celano segreti più spaventosi di una cupa credenza?

Avessi saputo che questo romanzo non è una storia a sé, ma l'ultimo di una serie dedicata all'ispettore Adamsberg, probabilmente non l'avrei comprato affatto. Ma per una volta l'ignoranza mi è stata utile, visto che ora posso dire che questo è stato uno dei migliori gialli che abbia letto negli ultimi anni. Fred Vargas (pseudonimo della scrittrice francese: Frédérique Audouin-Rouzeau) costruisce una storia solida che riesce a prendere il lettore con estrema facilità. Il commissario Adamsberg, parigino originario dei Pirenei e ora in trasferta in Normandia, ha un qualcosa di magnetico, proprio come tutti gli altri personaggi del racconto, descritti in maniera spesso eccentrica ma più che impeccabile. I dialoghi sono spesso inverosimili ma estremamente affascinanti, e il fatto che questo è solo l'ultimo di una serie di romanzi dedicati al commissario forse non permette di carpire tutte le sfumature,  è comunque un dettaglio di poco conto.
Come se non bastasse, le ambientazioni normanne sono descritte in maniera superba (io in quella terra ci sono stato più volte e vi posso solo consigliare di visitarle, in particolare le zone meno battute dal turismo... magia allo stato puro). Il sire di Hellequin* da quel tocco di soprannaturale che non guasta e il mistero (sarebbe più giusto dire i misteri, visto che parallelamente si svolgono altre due indagini che niente hanno a che fare con la principale) attacca il lettore alle pagine in maniera indissolubile.
Un giallo ben al di sopra della media (E tra l'altro molti dicono che non sia il più riuscito della serie). Consigliato.

* Ne avevo già sentito parlare in un albo di Dampyr ("La colonna infernale" numero 49), ma chi è Hellequin? E' una figura molto presente nelle leggende dell'europa settentrionale. Si tratta di un condottiero a capo di un'armata di morti che emerge periodicamente dall'inferno per seminare terrore e distruzione tra le popolazioni delle foreste del nord Europa continentale. Chi dovesse finire tra le sue grinfie sarebbe condannato in eterno a vagare nella sua sterminata e terribile schiera. Secondo molti studiosi di folklore, la figura di Hellequin avrebbe ispirato l'italianissima maschera carnevalesca del meno macabro Arlecchino.

Dalla stessa autrice: L'uomo dei cerchi azzurri

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martedì 10 settembre 2013

FUMETTI CHE PASSIONE - PYONGYANG

Dalla quarta di copertina: Nel 2001 a Guy Delisle viene concesso il raro privilegio di accedere in uno dei paesi più imperscrutabili del mondo: la Corea del Nord, una nazione-fortezza nella cui capitale il fumettista trascorrerà due mesi per sovraintendere alla produzione di un cartone animato francese. Dai suoi appunti "disegnati" nasce Pyongyang, resoconto di viaggio che "The UK Guardian" ha definito "evocativo al pari dei miglior foto-reportage mai prodotti": il racconto incredibile di un paese per la maggior parte del mondo ancora completamente oscuro.

Questo diario di viaggio a fumetti, recentemente ripubblicata dal Corriere Della Sera, potrebbe essere considerata l'esempio perfetto di come si possa fare del giornalismo serio usando ironia e intelligenza (sarà un caso che il signor Delisle non ha nulla a che fare con il mondo del giornalismo?).
I disegni sono semplici ed essenziali ma evocativi, in particolare gli orridi monumenti di regime sono rappresentati quasi come fossero barzellette e gli stessi ragionamenti dell'autore riescono a strappare più di un sorriso. Un sorriso sempre abbastanza amaro però, come amara è quella terra dove in pratica non esiste libertà. Con "Pyongyang" veniamo a conoscenza di un paese grottesco, con regolamenti improbabili e un modo di pensare assolutamente standardizzato e privo anche del più innocente volo pindarico. Delisle prova a grattare la superficie del paese, ma entrare nella mente delle guide e dei traduttori, perennemente incollati a lui, è impresa ardua, ai limiti dell'impossibile. Tanto che non si può fare altro che arrendersi e constatare con occhio tragicamente ironico ma oggettivo la realtà di questo paese. Molto evocativa la parte in cui l'autore regala una copia di "1984" al suo traduttore e lui la riconsegna imbarazzato, due settimane dopo, commentando in maniera abbastanza nervosa: "Mi dispiace, ma i romanzi di fantascienza non mi piacciono molto".
Ci sarebbe tantissimo da dire su questo diario di viaggio, ma non vorrei togliervi il piacere di leggerlo e scoprire un po' alla volta le tante assurdità del paese più chiuso e inaccessibile della terra. Vi lascio con un commento molto profondo di Guy Delisle che ha come soggetto i suoi accompagnatori nordcoreani e che, in pratica, racchiude dentro di sé tutta la filosofia di questo interessantissimo lavoro.

C'è una domanda che vorrebbero fare tutti gli stranieri che visitano questo paese, una domanda che ci guardiamo bene dal fare a voce alta, una domanda che infine ci rivolgiamo in silenzio da soli: "Ma ci credono veramente a tutte queste stronzate che cercano di propinargli?" 
Per chi vive isolato in campagna, dove serve un visto anche per spostarsi da un villaggio all'altro, la propaganda deve funzionare a meraviglia. Ma per quelli che conosco è diverso. Loro fanno parte degli "Happy few" e hanno il rarissimo privilegio di poter uscire dal paese. Ogni contratto firmato con uno studio di animazione permette infatti a diversi di loro di farsi inviare all'estero per "avviare il lavoro". In realtà, quelli che vanno a visitare Roma o Parigi non sono per forza gli stessi che poi lavoreranno sui progetti. Inoltre solo gli uomini sposati e con figli possono partecipare ai viaggi. Anche se non lasciano trasparire nulla, non possono essere ciechi. In realtà vivono in un paradosso costante dove la verità cambia di momento in momento. Lo stesso vale per la paura costante di ritrovarsi in un campo di rieducazione... ufficialmente non esistono ma tutti sanno che ci sono. E sopra ogni testa è sospesa una spada di Damocle che rischia di abbattersi al minimo passo falso, trascinando con il "colpevole" tutta la sua famiglia.
A un certo livello di oppressione poco importa che forma prende la verità, perché in fin dei conti più è enorme la menzogna, più il regime dimostra i propri poteri, e più obbliga la popolazione a vivere nel terrore.
Un terrore nascosto, un terrore sordo.



lunedì 2 settembre 2013

QUANDO L'EGOISMO PREVARICA LA RAGIONE

Beccatevi questa scarna storiella: Succede una tragedia, servono fondi perché tanto è inutile fare affidamento verso lo stato (come al solito). Un gruppo di uomini si unisce per creare un evento che si trasforma in un successo e raccoglie diverse migliaia di euro da donare al reparto di un ospedale italiano.
Nel frattempo un altro gruppo di uomini organizza una contromanifestazione lì vicino, inveisce e protesta contro i primi e contro chi decide di parteciparvi, tanto che alcuni di loro devono essere allontanati dalle forze dell'ordine o addirittura arrestati. 

Questo è quello che è successo.
Questi sono i fatti.

Adesso facciamo un po' più di chiarezza: la tragedia è il terremoto che ha scosso l'Emilia, il primo gruppo di uomini sono dei macellai che si sono riuniti sotto il nome comune di "Butchers for children" (macellai per i bambini) e che hanno organizzato a Carpi una raccolta di fondi per il locale reparto di pediatria. Lo scambio è semplice ed equo: qualche bel piatto di carne cucinata da loro, in cambio di una offerta da destinare in beneficenza.

Fin qui qualcuno può ravvisare qualcosa di sbagliato? Si può muovere qualche accusa a un gruppo di persone che, in tempo di crisi, decide di regalare un po' di quello che possiede in cambio di nulla, se non la riconoscenza di chi è più sfortunato? A me sembra di no.

Ma allora chi erano i "contromanifestanti"? Vegetariani, vegani, animalisti, antispecisti. O almeno, una parte di loro. Gente che crede di conoscere tutto, di sapere tutto e che non ci pensa due volte a tentare (tentativo scongiurato, per fortuna) di combattere chi cerca di fare del bene con le armi che possiede (salsicce, bistecche, coostolette e chissà che altro). Invasati, insomma.

In questi casi l'insulto pesante per certi soggetti sarebbe anche troppo semplice e cercherò di limitarmi. Anzi, ci dovrò riuscire per forza. Questo perché io non odio i vegetariani, i vegani, gli animalisti, gli antispecisti. Così come non odio la gente che va al McDonalds. Mi limito a mangiare carne, pesce e derivati quando mi va e non andare nei fast-food (che servono prodotti che non  mi piacciono). 
Io credo che la maggior parte degli onnivori la pensi come me, e spero che anche molti vegetariani, vegani ecc... riescano a comprendere le mie parole. Proprio quest'ultimi dovrebbero essere in prima linea in difesa della libertà di mangiare quel che più ci aggrada, di poter scegliere se farsi un'insalata o una fiorentina, senza dover a tutti i costi prevaricare gli altri. Senza che il bieco egoismo prevarichi la ragione.
Io a Carpi non c'ero, ma spero che nella somma che andrà a finire ai bambini sfortunati di quella città, ci siano anche soldi "verdi", di chi ha avuto l'apertura mentale di fregarsene delle abitudini culinarie della gente.
La mia è una speranza vana? Spero di no. Saremmo proprio nei guai se lo fosse.

domenica 1 settembre 2013

CONSIGLI SULLA PICCOLA EDITORIA 12 - (SETTEMBRE)

Scrissi il mio ultimo post sulla piccola editoria quando l'estate era appena arrivata, ora che siamo agli sgoccioli mi appresto a consigliare altri due buoni libri del piccolo mondo editoriale italiano. Lo so che questa mia rubrica dovrebbe essere mensile, ma non sempre ci si riesce e qualche mese slitta via.
Colpa dell'estate? Un po'.
Colpa della scarsità di libri meritori? Beh, ammetto che in questi mesi ho faticato a trovare qualcosa di davvero buono. Ma stiamo attenti a non dimenticare che dal (non troppo) lontano giugno 2012, in questa piccola rubrica, ho segnalato la bellezza di 32 lavori di scrittori poco conosciuti. Erano tutti capolavori? Certamente no, ma chi vuole leggere solo capolavori è bene che si premunisca di una libreria abbastanza piccola. Qui si parla di buoni libri usciti dalle tante piccole case editrici che cercano di barcamenarsi in un periodo molto difficile. Non sempre è facile trovarli, questi buoni libri, ma non è neanche così difficile, come molti pensano.
Ma ora bando alle ciance:

MOSTRI DI NATALE - FLAVIO PAGANI (GENERE - Umorismo surreale/drammatico/fantasy, EDITORE - I sognatori - Factory editoriale, ANNO - 2012, PAGINE - 148)

Dalla quarta di copertina: "Mostri di natale" è una raccolta di racconti sul tema del natale, ma non solo. Si narrano alcuni modi per affrontare la crisi e la precarietà armati di un dono. O di un sogno. Attraverso esperienze apparentemente mostruose , ma tremendamente vere, vissute con una bontà alternativa. Ricorrendo alla satira, al noir, all'immaginazione e affidati a lettere, dialoghi o canzoni... inseguendo il disincanto di una sigaretta spenta o il canto di una scintilla riflessa in un abbraccio, un amore finito in bicchiere o uno iniziato sotto la luna. Storie vissute su generosità o cattiverie estreme. Alla ricerca di un miracolo piccolo, ma possibile.

Non ho (ancora) letto il romanzo più famoso di Pagani (Lapsus ndr), ma sono certo di una cosa: questo è uno di quegli scrittori che eccelle nell'uso dei dialoghi e riesce, con poche parole, a creare un'ambientazione allo stesso tempo ben definita e onirica, quasi sfasata (come ci riesca per me è un mistero). In queste poche pagine Pagani riesce a unire fra loro ben ventitre brevi racconti e ci narra alcune visioni natalizie, per una volta originali. Il genere non è definibile, si va dall'umoristico puro, alla commedia nera e surreale, fino al dramma più intenso. L'unico dato di fatto è l'estrema bravura con cui Pagani riesce a unire la molta carne nel fuoco, creando un piatto ricco e non indigesto. Guai a prendere sottogamba questa raccolta di racconti  intersecati tra loro. Una lettura troppo rilassata potrebbe farvi perdere il meglio, mentre una troppo concentrata non vi permetterà di godere dell'eccentrica "magia natalizia" di cui il libro è permeato.

PS: I racconti "Tre parole per strada" e "Natale longobardo" sono stati scritti a quattro mani, assieme all'editore Aldo Moscatelli.

LINK AL LIBRO

LA NOTTE ETERNA DEL CONIGLIO - GIACOMO GARDUMI (GENERE - Apocalittico/Fantascienza/Thriller - EDITORE - Marsilio, ANNO - 2003, PAGINE - 417)

Dalla quarta di copertina: Un'inaspettata apocalisse nucleare distrugge la razza umana e trasforma la Terra in un pianeta morto. Sopravvivono quattro piccoli nuclei familiari, nascosti in minirifugi antiatomici. I superstiti posso comunicare tra loro grazie a un trasmettitore satellitare. Improvvisamente gli occupanti di uno dei rifugi cominciano a sentire dei colpi battuti sulla porta, come se qualcuno volesse entrare, benché la telecamera che inquadra la superficie riveli chiaramente che nessuno si è avvicinato. Gli avvenimenti misteriosi si moltiplicano, finché un "coniglio rosa" penetra nel rifugio e (...)

Questo romanzo d'esordio di Giacomo Gardumi ebbe, ai tempi, un buon riscontro di pubblico underground, tanto che si decise di farne un film (i pochi che l'hanno visto parlano di trashata. Io non ho ancora avuto questo piacere, quindi non mi esprimo). Che dire di questo romanzo? Beh, certamente che la storia è abbastanza pazzesca e claustrofobica da aver immediatamente attirato la mia attenzione. Le parti thriller sono ben descritte (anche se troppo poche) e il mistero è ben celato fino alla fine. Persino i (giganteschi) buchi nella trama vengono riempiti (più o meno) nel lungo spiegone finale. Un buon libro insomma, ma con dei nei piuttosto importanti: primo fra tutti l'estrema prolissità di alcune parti, che vanno a sfilacciare una trama che avrebbe dovuto avere un più marcato tocco thriller. Anche la protagonista, che narra in prima persona, risulta piuttosto antipatica e le sue angosce, la sua rabbia, il suo dolore non sempre riescono a penetrare nel lettore. Nonostante qualche imperfezione, comunque la storia prende e tutti noi attendiamo di scoprire l'identità del misterioso assassino nascosto dietro una maschera da coniglio (sempre che si tratti di un uomo e che quella sia effettivamente una maschera). La soluzione dell'enigma risulta abbastanza raffazzonata, ma funziona. L'interminabile spiegone finale che, come già detto, punta a tappare le falle narrative, funziona molto meno.
In ogni caso, consigliato.

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